L’innovazione nel campo dell’intelligenza artificiale è ormai considerata il fattore determinante nella corsa all’egemonia tra potenze internazionali. Appena tre giorni dopo l’insediamento alla Casa Bianca, Donald Trump ha firmato un ordine esecutivo, che ha abrogato il precedente provvedimento di Joe Biden, con lo scopo di “sostenere e rafforzare il dominio globale dell’America nell’ IA, al fine di promuovere la prosperità umana, la competitività economica e la sicurezza nazionale”. Successivamente OpenAI, SoftBank e Oracle hanno presentato Stargate, un progetto infrastrutturale da 100 miliardi di dollari – il più grande nella storia degli Stati Uniti – con impegni di investimento futuri fino a 500 miliardi di dollari. Trump ha definito l’iniziativa come un punto di svolta nel garantire il dominio dell’IA degli Stati Uniti.
Negli stessi giorni, il 20 gennaio, la cinese Deep Seek ha lanciato un’app che ha scalato in pochi giorni la classifica dell’App Store statunitense di Apple, superando ChatGPT e Gemini. I bassi costi di sviluppo e gli aspetti innovativi dell’applicazione hanno dimostrato la capacità della Cina di competere con l’Occidente anche in questo campo. Il gigante tecnologico Nvidia ha perso il 12% del proprio valore azionario in un solo giorno, mentre diversi investitori internazionali hanno spostato ingenti capitali verso il settore dell’Intelligenza artificiale in Cina.
Il 10 e 11 febbraio si è svolto a Parigi il vertice AI Action Summit, che ha mancato il suo obiettivo di porsi come punto di svolta per la governance dell’intelligenza artificiale a livello globale. Il vice-presidente americano J. D. Vance, nel suo primo intervento sulla scena internazionale ha rivendicato il primato degli USA nella nuova frontiera digitale, biasimando fortemente l’approccio regolatorio dell’Unione Europea. Dallo scorso 2 febbraio sono entrate in vigore le prime norme dell’ “AI Act”, il regolamento approvato a Bruxelles nel giugno 2024 che prevede sistemi di controllo e tracciamento dell’IA, tra cui il divieto di utilizzarla per sistemi di sorveglianza di massa. Contestualmente, Ursula von Der Leyen ha annunciato un piano di investimenti che dovrebbe mobilitare 200 miliardi per arrivare alla creazione di quello che è stato definito un “Cern dell’intelligenza artificiale”.
Il summit si è concluso con la stesura di un documento intitolato: “Dichiarazione su un’intelligenza artificiale sostenibile e inclusiva per la popolazione e il pianeta”. Sessanta i paesi che hanno accettato di firmare il documento, tra cui Italia, Francia, Germania, Cina e India. Ma a spiccare sono soprattutto le assenze: Stati Uniti e Gran Bretagna hanno infatti rifiutato di sottoscriverlo, giudicandolo “troppo regolatorio”.